Non credo alla democrazia rappresentativa( di Massimo Fini)


Andiamo a fondo degli argomenti prepolitici per capire ancor meglio la politica: viene in soccorso Fini per riflettere sull’istituto della democrazia


non credo alla democrazia rappresentativa (Sudditi. Manifesto contro la Democrazia). Credo solo alla democrazia diretta, quella immaginata del ginevrino Rousseau.

La democrazia esisteva quando non sapeva di essere democrazia. Nell’ancien régime l’assemblea del villaggio, formata da tutti i capifamiglia, in genere uomini ma anche donne se il marito era morto, decideva su tutto ciò che riguardava il villaggio. Scrive Albert  Soboul, uno dei maggiori storici degli anni che precedono e seguono la Rivoluzione Francese: “l’assemblea votava le spese e procedeva alle nomine; decideva della vendita, scambio e locazione dei boschi comuni, della riparazione della chiesa, del presbiterio, delle strade e dei ponti. Riscuoteva ‘au pied de la taille’ (cioè proporzionalmente) i canoni che alimentavano il bilancio comunale; poteva contrarre debiti ed iniziare processi; nominava, oltre i sindaci, il maestro di scuola, il pastore comunale, i guardiani di messi, gli assessori e i riscossori di taglia”(La società francese nella seconda metà del Settecento). Un’altra importante attribuzione l’assemblea l’aveva in materia di tasse reali, era infatti l’assemblea che ne fissava la ripartizione all’interno della comunità e la riscossione. Rigorose  e puntigliose erano anche le forme di partecipazione.  L’assemblea era convocata, almeno alla vigilia del giorno stabilito, dal sergente di giustizia o dal guardiano delle messi. Andava di porta in porta, di uscio in uscio. L’assemblea era anche annunciata alla predica della messa parrocchiale. In tutti i casi il tamburo e la campana chiamavano gli abitanti all’assemblea, che un sergente bandiva ancora, ad alta voce, all’uscita della messa o dei vespri. Sotto la presidenza del giudice locale, del sindaco o di un esperto che esponeva la questione all’ordine del giorno, l’assemblea deliberava, poi votava ad alta voce. L’assiduità era un dovere.


Dentro le storie di vita: l’autodeterminazione fattuale dei villaggi


Certamente, se siamo in Francia, gli abitanti del villaggio non partecipavano alle decisioni che si prendevano a Versailles, ma le decisioni che si prendevamo a Versailles ci mettevano anni prima di arrivare al villaggio e nel frattempo i contadini decidevano per conto loro, per cui si può dire che l’assemblea del villaggio godeva di un’ampissima, e quasi totale, autonomia.

 Questo sistema, che era in uso non solo in Francia ma in buona parte dell’ Europa, e che aveva sempre funzionato benissimo, si incrinerà sotto la spinta degli interessi e anche della smania regolatrice della borghesia (smania che ci affligge ancor più oggi dove lo Stato è presente in quasi tutte le nostre attività).  Due anni prima della Rivoluzione francese un decreto Reale stabilisce che non è più l’assemblea del villaggio a decidere autonomamente ma elegge da 6 a 9 membri che prendono provvedimenti in suo nome. Era nata la tragedia della democrazia rappresentativa.

( articolo completo sul Fatto Quotidiano)

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