Il Salone del Libro di Torino è l’unico posto al mondo in cui col nubifragio giovani coppie coi bambini anziché dire non usciamo, dai, piove pensa il disagio. Anziché uscire solo perché, poniamo, c’è l’unica data di Bruce Springsteen in Europa loro no: loro vanno al Salone dove arrivano fradici e felici, restano lì tutto il giorno, cena al sacco persino: sono uscita alle 21 e parecchi apparecchiavano tovaglioli sulle ginocchia. Scolaresche a fiumane, lo so in questi giorni non è l’esempio più felice ma mi ha fatto molto ridere la prof che allo studente che esitava a traversare il piazzale ha detto dai, R., è acqua e tu non sei fatto di zucchero.
Grandissimo disagio coi mezzi pubblici e privati, la sera. Ore di attesa, ma conversazioni interessanti fra sconosciuti, nell’attesa. La sera concerto in un locale, pieno zeppo. Quattro spettacoli teatrali, in alternativa. Ora, sarà che vivo a Roma, dove nessuno ti presta attenzione nemmeno se sanguini dalla testa, dove se piove parte un lamento collettivo che invalida esami di abilitazione, appuntamenti erotici e funerali, se piove non si va.
Libri impaginati di contenuti che sono scrittura in volo, sia essa geopolitica, poesia o romanzi, ma c’e’ tanto di piu’… e’ la vita, e’ la poesia e la dimensione della lettura
Saranno l’inerzia e il cinismo che si attaccano alle caviglie e non ti mollano mai più, ma insomma io a Torino mi sono un po’ commossa: di tutti questi bambini sorridenti sotto l’ombrello, non rilevati capricci, della impressionante folla di giovani che arrivano agli incontri per ascoltare di geopolitica e di poesia, di fumetti, di misticismo, che comprano libri e ne regalano di propri, autoprodotti. “Va bene così”, s’intitola quello che ho in mano e che mi ha regalato Erica B. Magari si sono dati convegno tutti qui a Torino, non ce ne sono altri in Italia. Non credo. Comunque, volevo dirvi: siete stupendi.
( Da Invece Concita, il blog di C. De Gregorio, schemi e interventi Rpfm)
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