Tollerare nuoce( di Annalisa Grandi)

Grandi compie un servizio nella denuncia di una di quelle notizie che non andranno fra i titoloni dei grandi giornali: ed invece si mette l’ evidenziatore su due problematiche irrisolte, le scarse condizioni igienico sanitarie che spesso vengono analizzate e studiate soltanto dopo i fattacci, e la mancata integrazione, non voluta da buona parte della popolazione rom


Ci sono almeno quattrocento persone, forse molte di più. Perché persino sui numeri ormai si è perso il controllo. Il campo rom di Scordovillo, a Lamezia Terme, visto dall’alto è una distesa di lamiere. Lamiere di Eternit. Una bomba a orologeria, che però sta lì da mezzo secolo. E che rappresenta, in tutta la sua grandezza, l’esempio plastico di quello che succede quando si lascia correre. Quando non si interviene tempestivamente. I rom del campo di Scordovillo praticamente parlano solo dialetto, vivono in condizioni igieniche terribili, in mezzo ai topi e respirando i fumi tossici dei tanti roghi accesi da loro stessi (ma non solo) per bruciare i rifiuti. Una discarica a cielo aperto, solo che in mezzo ci abitano le persone e tantissimi bambini. Una discarica a cielo aperto che sta accanto all’ospedale di Lamezia. Incredibile, eppure vero.


Il danno sanitario, quello immobiliare e tutti gli effetti a cascata: Invivibilità e sopravvivenza ai limiti del degrado e del decoro


Negli anni si sono susseguite le operazioni per cercare di evitare almeno il disastro ambientale. Ma è come provare a svuotare il mare col cucchiaio. Di sgomberi non se ne può parlare. Perché dove le metti quattrocento persone? Persone che tra l’altro non sono minimamente integrate, che hanno fatto di quella zona la loro roccaforte. Le case, costruite di fronte al campo, non le compra nessuno. Persino le forze dell’ordine fanno fatica a intervenire. Per l’ultima operazione ci sono voluti trecento uomini. Trecento. Quasi uno per ogni abitante. Di più, se escludiamo i bambini. Bimbi che fra l’altro iniziano ad ammalarsi. C’è chi ha ribattezzato la zona “la via dei tumori” perché l’incidenza di linfomi e neoplasie è più alta del normale. Dati noti, da quasi un decennio. E che continuano a crescere. Perché respirare quei fumi tossici e vivere in baracche dove trovi ovunque Eternit e lana di roccia comporta un prezzo anche in termini di salute.


Ci sono almeno quattrocento persone, forse molte di più. Perché persino sui numeri ormai si è perso il controllo. Il campo rom di Scordovillo, a Lamezia Terme, visto dall’alto è una distesa di lamiere. Lamiere di Eternit. Una bomba a orologeria, che però sta lì da mezzo secolo. E che rappresenta, in tutta la sua grandezza, l’esempio plastico di quello che succede quando si lascia correre. Quando non si interviene tempestivamente. I rom del campo di Scordovillo praticamente parlano solo dialetto, vivono in condizioni igieniche terribili, in mezzo ai topi e respirando i fumi tossici dei tanti roghi accesi da loro stessi (ma non solo) per bruciare i rifiuti. Una discarica a cielo aperto, solo che in mezzo ci abitano le persone e tantissimi bambini. Una discarica a cielo aperto che sta accanto all’ospedale di Lamezia. Incredibile, eppure vero.

Negli anni si sono susseguite le operazioni per cercare di evitare almeno il disastro ambientale. Ma è come provare a svuotare il mare col cucchiaio. Di sgomberi non se ne può parlare. Perché dove le metti quattrocento persone? Persone che tra l’altro non sono minimamente integrate, che hanno fatto di quella zona la loro roccaforte. Le case, costruite di fronte al campo, non le compra nessuno. Persino le forze dell’ordine fanno fatica a intervenire. Per l’ultima operazione ci sono voluti trecento uomini. Trecento. Quasi uno per ogni abitante. Di più, se escludiamo i bambini. Bimbi che fra l’altro iniziano ad ammalarsi. C’è chi ha ribattezzato la zona “la via dei tumori” perché l’incidenza di linfomi e neoplasie è più alta del normale. Dati noti, da quasi un decennio. E che continuano a crescere. Perché respirare quei fumi tossici e vivere in baracche dove trovi ovunque Eternit e lana di roccia comporta un prezzo anche in termini di salute.

Scordovillo è il fallimento delle istituzioni. Dimostra come, se non si interviene in modo tempestivo, ci si ritrovi a fare i conti con problematiche che s’ingigantiscono fino al punto di diventare irrisolvibili. O quasi. Perché anche ammesso che si trovi una sistemazione per queste persone, si rischia di creare un quartiere che riproduce nel cemento le stesse dinamiche. Come è successo per alcune case popolari assegnate ai rom che stanno a pochi passi dal campo. Eppure fare qualcosa è necessario, altrimenti quel campo si amplierà ancora e quei terreni che – spiega la Procura – sono già avvelenati in modo quasi irreversibile, diventeranno un problema per la salute di tutta la cittadinanza. A cominciare da quell’ospedale, che già in passato è stato evacuato proprio a causa dei fumi tossici di Scordovillo.


IL FALLIMENTO DELLE ISTITUZIONI: prevenire e’ meglio che curare


Scordovillo è il fallimento delle istituzioni. Dimostra come, se non si interviene in modo tempestivo, ci si ritrovi a fare i conti con problematiche che s’ingigantiscono fino al punto di diventare irrisolvibili. O quasi. Perché anche ammesso che si trovi una sistemazione per queste persone, si rischia di creare un quartiere che riproduce nel cemento le stesse dinamiche. Come è successo per alcune case popolari assegnate ai rom che stanno a pochi passi dal campo. Eppure fare qualcosa è necessario, altrimenti quel campo si amplierà ancora e quei terreni che – spiega la Procura – sono già avvelenati in modo quasi irreversibile, diventeranno un problema per la salute di tutta la cittadinanza. A cominciare da quell’ospedale, che già in passato è stato evacuato proprio a causa dei fumi tossici di Scordovillo.

di Annalisa Grandi( la Ragione) ( interventi Rpfm)

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