La memoria di un popolo( di Agnese Pini)

La Nazione, interventi Rpfm

La Storia porta con sè dei valori, anche delle storture, ma facendo analisi e sintesi necessita di valutazioni lucide e meno ampollose: torna la Pini con la sua visione del rapporto fra storia ed attualità.

Le Nazioni non possono prescindere dalla narrazione dei fatti in chiave filosofica


La Storia diventa tale quando si traduce in un valore, in un’idea morale che va a costituire le fondamenta di uno Stato, un’idea morale pienamente condivisa da un popolo e da ciò che lo definisce nazione. Immaginate se in Francia, nei giorni della commemorazione per la presa della Bastiglia – che sancisce l’inizio della Rivoluzione francese e dunque la scintilla delle democrazie occidentali – ci si accapigliasse rispetto a quanto di male è arrivato con Robespierre e con il Terrore. La presa della Bastiglia è, per la storia della Francia e di tutto l’Occidente, un fatto sacro e imprescindibile per leggere tutto ciò che è accaduto dopo.

Attenzione al provincialismo

Storie Italiane

Ebbene, il 25 aprile per l’Italia incarna qualcosa di molto simile: è l’inizio di una stagione stra-ordinaria – nella misura in cui è davvero fuori dall’ordinario – di democrazia, di libertà, di pace. E allora perché non lo sentiamo fino in fondo? Perché la memoria del fascismo e della Liberazione resta sostanzialmente una memoria familiare: ogni famiglia conserva e tramanda il proprio personale ricordo rispetto a quei fatti.

Il monito di Pini, dovere di un giornalista che scrive le testimonianze del tempo: non derubricare ad ideologia il senso dei fatti e del retrobottega degli aneddoti

Evitare divisioni demagogiche e’ un imperativo per entrambe le parti

La memoria familiare è preziosissima, ma è inevitabilmente divisiva. Quello che non siamo stati in grado di fare pienamente, negli ultimi ottant’anni, è stato trasformare quelle memorie familiari in una memoria di popolo. Una memoria, cioè, capace di trasferire sui cittadini un valore superiore alle divisioni che ci hanno lacerato e diviso, tra odi e incomprensioni non sopiti e l’ancor più pericoloso qualunquismo di chi vorrebbe derubricare una data così importante alla noia dei nostalgici delle ricorrenze. Significa non sapere da dove arriviamo, e dunque non sapere chi siamo. Significa condannarci all’eterna immaturità di un Paese che non avendo fatto i conti con se stesso resterà sempre piccolo. E soprattutto debole.

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